Messico
La sua pratica fotografica oscilla tra realtà e finzione in uno spazio strano dove accoppiamenti drammatici di ombra e luce giocano su prospettive come immagini fisse di film.
Il portfolio di Tania Franco Klein è un affascinante gioco di immagini cinematografiche sature di luce e colore. Nel suo processo narrativo, questa originaria del Messico sonda i comportamenti sociali della società attraverso il consumo, il circo mediatico sulla performance, l’ossessione per l’eterna giovinezza e il sogno americano. Evidenzia così le profonde sequele psicologiche che generano nella vita quotidiana. Il suo lavoro si rivela come un viaggio iniziatico mentale che ritrae personaggi femminili, cedendo a questa tendenza all’isolamento, alla disperazione, alla cancellazione e all’ansia. I suoi (auto)ritratti e le scene intime di interni/esterni sono espressi in immagini frammentate che sono sia fittizie che reali. Non c’è da stupirsi che questa laureata in un Master in fotografia presso l’Università delle Arti di Londra sia stata subito notata.
Da allora, ha esposto la sua visione unica in Europa, Stati Uniti e Messico, collaborando con importanti riviste come New York Times, The New Yorker, L.A Times e The Guardian e marchi come Dior. Più di recente, ha raggiunto il successo con lo straordinario ritratto del grande Steven Spielberg sulla copertina di Time 100.
Dall’estetica all’esistenziale
Le sue ultime due mostre hanno illuminato le pareti della Rosegallery che la rappresenta a Santa Monica. A cominciare da “Proceed To The Route” che sonda questi percorsi di “progresso” e gentrificazione. Tania Franco Klein riflette qui sulla “mappa” come rappresentazione del territorio, “Internet” come rappresentazione della vita. “Il progresso ci ha superato, lasciando uno stato di nulla e confusione nella nostra realtà eclettica e iperconnessa, dove la storia scorre più veloce dei secondi sull’orologio”, spiega “È nel vuoto della campagna che si può individuare l’incontro di un vecchio modo di vivere che attende ancora il suo abbandono e il suo contenimento, riflettendo la nuova crescita di un sistema capitalista centrale”.
Attraverso queste strade, la fotografa traccia così una storia di solitudine, disagio, perdita di orientamento e di senso. In “Positive Disintegration”, la sua prima monografia che comprende anche la sua serie “Our Life in the Shadows”, si ispira alle teorie del filosofo Byung-Chul Han. Vale a dire, questa coazione a esibirsi costantemente, che ha reso la fatica e l’esaurimento il male del secolo. Una “era neuronale caratterizzata da malattie neuropsichiatriche tra depressione, burnout e disturbo dell’attenzione, iperattività, bipolarismo”. L’artista pone così questa contraddizione al centro delle sue immagini dove lei stessa e questa umanità negletta cercano di fuggire.
taniafrancoklein.com
rosegallery.net
Nathalie Dassa