Stati Uniti – New York
Il 27 settembre 2000 usciva nelle sale cinematografiche francesi il primo lungometraggio di una giovane regista ventinovenne dal nome già prestigioso: Il giardino delle virgine suicide. Il film, oggi diventato cult, esce di nuovo al cinema il prossimo 12 luglio. Il mistero delle sorelle Lisbon non ha perso nulla della sua aura.

A volte dimentichiamo che Il giardino delle vergini suicide è ambientato negli anni ‘70. Dimentichiamo anche che il film inizia come un romanzo di Stephen King, come It, o come Stand by me: un gruppo di ragazzini indaga sulla misteriosa scomparsa, il suicidio inspiegabile, di cinque sorelle del loro liceo. In Stephen King, l’indagine costringe gli adolescenti a confrontarsi con le loro paure più terribili, come metafora del passaggio all’età adulta. Per i ragazzi de Il giardino delle vergini suicide, come per la maggior parte dei quattordicenni, niente spaventa o affascina più delle ragazze. “Abbiamo scoperto che le ragazze sapevano tutto di noi, mentre per noi rimanevano sfuggenti”, dice uno di loro, in voce fuori campo.

Evocando, quasi flirtando con il soprannaturale, i misteri dell’adolescenza e le crepe dell’America WASP nei suoi sobborghi perfetti, Il giardino delle virgin suicides ha qualcosa di David Lynch. C’è, nel prato curato in modo impeccabile dei Lisbon, questa famiglia un po’ più povera dei vicini ricchissimi, un po’ di Velluto Blu. Lo spleen del personaggio di Kirsten Dunst evoca quello di Kyle MacLachlan in questo film del 1986, anche lui alla ricerca di un significato nella sua vita. E la sua morte inspiegabile subito dopo essere diventata reginetta del ballo ricorda la morte altrettanto bizzarra della star del liceo Laura Palmer nella serie Twin Peaks.

Dimentichiamo che la ragazza che si è suicida per prima si interessava di specie estinte e di alberi morenti, come gli adolescenti che vogliono scomparire collettivamente in L’ultima ora di Sébastien Marnier. All’epoca si parlava meno di ecologia. Dimentichiamo così che gli indizi sono distillati e che Il giardino delle virgin suicides è anche un film investigativo, alcune scene del quale, con interviste davanti alla telecamera, evocherebbero quasi un vero documentario true crime di Netflix.
Perché, stranamente, dimentichiamo anche che Il giardino delle vergini suicide è una tragedia. Ricordiamo ragazzine diafane, un’atmosfera malinconica e pop. Ricordiamo che nonostante la tristezza, un tono di commedia avvolge tutto il film. Ricordiamo che si tratta di un adattamento molto libero di un romanzo breve di Jeffrey Eugenides, noto soprattutto per il suo secondo libro, Middlesex. Ricordiamo la bellissima colonna sonora e le hit di Air, Highschool Lover e Playground Love che, nella loro versione strumentale, accompagnano il film. Bastano poche note per creare quell’atmosfera unica che fa de Il giardino delle virgin suicides uno di quei classici istantanei della storia del cinema.

Un altro film, uscito solo un anno dopo, rispecchia il lungometraggio di Sofia Coppola. Donnie Darko di Richard Kelly è un’altra storia di adolescenti, in un altro sobborgo chic degli Stati Uniti. Uno è femminile, l’altro maschile. Uno è bianco e luminoso, l’altra buio e notturno. Uno è sull’America degli anni ‘70, l’altro sull’America degli anni ‘80. Come Il giardino delle virgin suicides, Donnie Darko ha la sua hit, una cover acustica di Mad World da Tears for Fears di Gary Jules. Ma Il giardino delle virgin suicides ha ancora un’altra eco, quella di un film australiano del 1975, Picnic at Hanging Rock, che Sofia Coppola cita volentieri come ispirazione. Vi ritroviamo questa stessa luce, queste stesse ragazze bionde vestite di bianco e la morte che aleggia.
Ma soprattutto ricordiamo, e questo è l’essenziale, che nonostante i riferimenti, Sofia Coppola ha saputo porre, forse per la prima volta, uno sguardo femminile sull’adolescenza, dove il teen-movie, che ha vissuto la sua ora di notorietà dai film di John Hughes negli anni ’80, era essenzialmente maschile, con l’eccezione del formidabile Ragazze a Beverly Hills (1996) di Amy Heckerling. Infine, noteremo che la freschezza della sua messa in scena significa che Il giardino delle virgin suicides, ventitré anni dopo, non è affatto invecchiato. Perché come il film, il mistero dell’adolescenza, che riesce a immortalare, rimane eterno.

Il giardino delle virgin suicides di Sofia Coppola
Al cinema dal 12 luglio
Pierre Charpilloz