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YOKO ONO, Music of the mind

Artista e attivista, pioniera dell’arte concettuale e partecipativa, della performance, della musica e del cinema sperimentali, famosa vedova del fondatore dei Beatles, John Lennon, e attivista impegnata per la pace nel mondo, Yoko Ono è oggetto di una vasta retrospettiva alla Tate Modern a Londra. Dagli Instructions paintings che rendono l’opera d’arte un work in progress, al suo Wish Tree, passando per i suoi “oggetti non finiti” o la sua Sky TV, sono circa 200 le opere dell’artista nata a Tokyo nel 1933 che vengono presentate.

“Ascolta il battito del tuo cuore”, “Cammina in tutte le pozzanghere della città”, “TOCCARE”, “VOLARE”… Divertenti ingiunzioni in queste istruzioni scritte redatte all’attenzione dei visitatori solitamente confinati nel loro ruolo di “spettatori”. ”… Infrangendo le regole del gioco museale, questi “instructions pieces” immaginati a metà degli anni Cinquanta da Yoko Ono trasformavano lo spettatore in attore. Chiamata a sperimentare, a immaginare, anche a creare o completare l’opera, quest’ultima può essere portata a “costruire un dipinto nella [sua] testa” o a piantare chiodi in un dipinto… Nel 1961, durante la sua prima mostra personale a New York , invita il visitatore a camminare sulla sua tela (Peinture à piétiner) o a guardarla nell’oscurità… Questi famosi Instructions paintings ridefiniscono completamente l’opera d’arte: non più un oggetto compiuto da contemplare, ma un’opera partecipativa in divenire, processo modulare, work in progress…: come una partitura, le indicazioni fornite dall’artista si offrono a tutte le interpretazioni. “Ciò permette all’opera di esistere in infinite variazioni che l’artista stessa non può prevedere”, ha spiegato Yoko Ono per la quale l’arte, prima che una creazione, deve essere un esperimento e una condivisione. Totalmente rivoluzionaria per l’epoca, questa concezione dell’opera d’arte ha aperto nuove prospettive che, lungi dall’essere esaurite, sono ancora oggi sfruttate. Opera radicale se mai ce ne fosse, ancora più radicale di quelle dei più iconoclasti del gruppo Fluxus (a cui è generalmente legata), l’arte proteiforme di Yoko Ono è stata, infatti, all’avanguardia nelle avanguardie. È a quest’arte innovativa che oggi la Tate Modern rende omaggio.

Opera pionieristica

Tra le opere chiave esposte c’è Cut Piece del 1964: inginocchiata sul palco, nella postura tradizionale della donna giapponese, impassibile, l’artista invitava gli spettatori ad avvicinarsi e ritagliare pezzi dei suoi vestiti utilizzando un paio di forbici. Mettendo in mostra la vulnerabilità del corpo, l’intimità oltraggiata, l’esibizionismo, il voyeurismo e le relazioni di dominio e violenza nelle relazioni umane, questa performance ha avuto un grande impatto nel mondo dell’arte. Nel 1966, fu la sua Mela, posta su una base e destinata a decomporsi fino alla sua possibile rinascita dai semi, a suscitare grande scalpore. Come, nello stesso anno, il suo film Bottoms che sarebbe poi stato censurato: consiste nel filmare una successione di sederi nudi in movimento “al posto delle firme di una petizione per la pace”, denota chiaramente l’umorismo di cui sono permeate molte opere. Un umorismo sempre intriso di poesia che lascia emergere una certa gravità. Così, gli oggetti tagliati in due di Half-A-Room (1967), di Jeu d’échecs completamente bianco o di Sky TV (1966) che trasmetteva in diretta un cielo filmato in tempo reale…

STÉPHANIE DULOUT

« YOKO ONO – MUSIC OF THE MIND»

Tate Modern

15 febbraio – 1° settembre

tate.org.uk/whats-on/tate-modern/yoko-ono

Inghilterra – Londra