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PERCORSO OFFSCREEN, L’IMMAGINE IN TUTTI I SUOI ​​STATI

Riunendo artisti d’avanguardia, storici e contemporanei attorno a pratiche di immagine innovative (installazioni ed esperimenti su immagini fisse e in movimento), il salone Offscreen ci ha offerto una seconda edizione molto bella. Ecco, tra le gallerie internazionali riunite quest’anno al Grand Garage Haussmann, le opere che hanno attirato la nostra attenzione.

© Thomas Devaux

 

È stato uno strano incontro quello che abbiamo fatto nel terzo anello del Grand Garage Haussmann: Orshi Drozdik, artista femminista neo-concettuale ungherese nata nel 1946 e residente a New York dai primi anni ‘80. Avendo disegnato la sua Mitologia personale a metà degli anni ’70, sovrapponendo foto di ballerini e il proprio corpo su cui sono proiettate immagini della storia ungherese, ha mostrato, insieme al suo gallerista di Budapest, Gábor Einspach (della Einspach Fine Art & Photography Gallery), tra gli altri documenti fotografici e video, fotografie annotate di una performance prodotto nel 1977 a Toronto dal titolo I Try to Be Transparent. Distesa nuda su una lastra di plexiglass sospesa a tre metri da terra davanti a uno specchio, ha cercato di diventare trasparente per essere visibile nella storia dell’arte… Un processo paradossale che riecheggia il gioco di obliterazione dell’immagine rappresentata nella film Site del 1965 di Stan VanDerBeek, artista multimediale pioniere nel campo del cinema sperimentale e della computer art morto nel 1984. Suddiviso in tre schermi da The Film Gallery (Parigi), vediamo un uomo vestito di bianco (in questo caso, l’artista americano Robert Morris) manipolare, in una strana coreografia silenziosa, grandi pannelli bianchi nel tentativo di nascondere l’immagine dell’Olympia di Manet mimata dalla performance artist americana Carolee Scheemann 

Ritagli e cancellazioni

Altro gioco di apparizione e obliterazione dell’immagine, l’opera della serie Shadows from North and South realizzata nel 2001 da Graciela Sacco, artista argentina scomparsa nel 2017 rappresentata da Rolf Art (Buenos Aires): riciclando, nel mezzo di un crisi politica e sociale, un’immagine d’archivio del maggio ‘68 che mostra un uomo che lancia una pietra, il dispositivo consiste in proiezioni di frammenti dell’immagine stampati su lastre di plastica sospese attraversate da una fonte di luce. Scomposta e ridotta a proiettare ombre, l’immagine vacilla e, allo stesso tempo, ci mette di fronte all’enigma della ripetizione dei fatti storici.

Vent’anni dopo, sono anche i fatti della storia a interessare Emmanuel Van der Auwera (rappresentato da Harlan Levey Projects a Bruxelles). Dopo aver raccolto su internet le immagini dell’assalto al Campidoglio 1, ha composto una Videoscultura tanto seducente quanto destabilizzante. Frammentata in trenta schermi parzialmente strappati per rimuovere i filtri polarizzatori, l’immagine strappata scompare e appare tra i fumetti con un coltello. Un tentennamento che fa oscillare l’immagine tra astrazione e figurazione, che la dice lunga sul nostro sguardo accecato, troppo inzuppato, che guarda solo superficialmente… “Gli schermi imprigionano lo sguardo […] Voglio che lo spettatore prenda coscienza del suo ruolo centrale di spettatore, che riveli svelando [perché] l’immagine velata suscita il desiderio di vedere”, spiega l’artista di Bruxelles, classe 1982, che, nella sua serie Memento, spinge oltre la cancellazione e la distorsione dell’immagine. Giocando con le sue distorsioni sovraesponendo una lastra offset ricoperta di emulsione fotosensibile per “bruciare” l’immagine, la fa apparire in una sorta di stato spettrale.

Trasmutazione 

È una vera trasmutazione dell’immagine quella operata da Thomas Devaux (1980), rappresentato da La Patinoire Royale de Bruxelles. Al confine tra fotografia e pittura, i suoi eleganti Totems ci mostrano bagliori dorati, bluastri o iridescenti che incorporano l’immagine allargata e irradiata, e quindi invisibile, degli oggetti di consumo. Operata mediante stampa a pigmenti su vetro dicroico – un vetro prezioso dai riflessi affascinanti 2 – la trasmutazione è tanto più inquietante quanto più si aggiunge il luccichio dell’immagine, intrappolando lo spettatore nella trappola della propria immagine… Mescolata ai frammenti appena visibili di prodotti di supermercato fotografati, questo fa di noi le doppie vittime volenterose del consumismo e del voyeurismo. “Il mio lavoro si concentra sul desiderio, sulle energie che ci pervadono quando desideriamo un oggetto”, spiega la fotografa visiva che, giocando sull’aura mistica emanata dalle superfici scintillanti dei suoi vetri ma anche dalle sue montature in foglia d’oro, ci mette però faccia a faccia con lo specchio illusorio della società consumistica, con “Questo oscuro oggetto del desiderio” 3….

  1. L’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti da parte dei sostenitori di Donald Trump che contestavano i risultati delle elezioni presidenziali di Washington, il 6 gennaio 2022.
  2. Il vetro dicroico è ricoperto da un sottile strato di quarzo e ossidi metallici.
  3. Titolo preso in prestito dall’artista da Luis Buñuel per presentare la sua trilogia Shoppers-Rayons-Dichroics.

STÉPHANIE DULOUT

offscreenparis.com

@OFFSCREEN_Paris

Einspach Fine Art (Budapest) : einspach.com

The Film Gallery (Paris) : film-gallery.org

Rolf Art (Buenos Aires) : rolfart.com.ar

Harlan Levey Projects (Bruxelles) : hl-projects.com

La Patinoire Royale (Bruxelles) : prvbgallery.com