


Procedendo per sovrapposizione di immagini fotografiche di architetture frammentarie assemblate da giochi di incastri e disallineamenti, trasparenze e interferenze cromatiche e luminose, Susa Templin ci restituisce una visione caleidoscopica dello spazio. Scoperte nello stand della galleria Anita Beckers a Paris + by Art Basel, le sue composizioni esposte sotto plexiglass ci hanno subito conquistato per l’armoniosa morbidezza dei loro assemblaggi e variazioni cromatiche e per la stranezza della loro costruzione stratificata. Ne comprendiamo ora la complessità, grazie alla mostra alla galleria Beckers di Francoforte che mette a confronto le opere di Susa Templin (Francoforte) con quelle di un altro artista che procede per strati sovrapposti, il pittore Nick Dawes (Londra).

Accostando e sovrapponendo trame di muri, scale, porte, Susa Templin crea nuovi spazi, Astrazioni Spaziali che destabilizzano il nostro sguardo prima di condurci in una nuova dimensione. A differenza dei dipinti cubisti, di cui alcune composizioni possono sembrare simili, non si tratta di dipingere la realtà in tutte le sue sfaccettature, di mostrarla nella sua totalità, da tutte le angolazioni, ma di trascenderla, di astrarre lo spazio fotografato (e quindi superato dalle tre dimensioni alla piattezza dell’immagine) del reale
In Finestre Porte (Berlino), le forme geometriche create dai riflessi si sovrappongono all’immagine iniziale per comporre, come un’astrazione geometrica, uno spazio ambiguo. In Luce Spazio Colore, che declina lo stesso motivo (una finestra) in sottili variazioni cromatiche, Susa Templin utilizza un altro processo di derealizzazione, quello della ripetizione (al quale il Centre Pompidou-Metz dedicherà presto il suo nuovo arazzo).

Nick Dawes, invece, si dedica all’emergere spontaneo di forme colorate in un processo di “coincidenza controllata”. Intriso della teoria dei colori e del loro “effetto sensuale e morale” di Goethe, ma anche di quella sviluppata negli anni ‘20 dal pittore Johannes Itten sulla coincidenza di diversi colori e gradazioni, cerca di dare forme organiche e impreviste alle superfici di colore che sovrappone inzuppando, strato dopo strato, la tela con una pittura ad olio molto diluita in un processo lento e ripetitivo.

Stéphanie Dulout
Fino all’11 marzo
Galerie Anita Beckers
Braubachstrasse 9, Francoforte sul Meno