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GREENHUSHING O L’ARTE DI TACERE

La moda, la seconda industria più inquinante al mondo dopo l’energia, continua a svilupparsi tra responsabilità sociale d’impresa (CSR) e costante innovazione. Ma attenzione al “greenwashing” che tutti conosciamo e che da diversi anni viene evidenziato come a volte utilizzato in modo abusivo e soprattutto a fini di marketing. Nel 2022 e dopo un’estate surriscaldata, è ora di scavare più a fondo e capire cos’è questa nuova tendenza chiamata “Greenhushing”.

L’ecosilenzio, come potremmo tradurlo in italiano, consiste nell’ignorare gli sforzi di sostenibilità compiuti dalle aziende e che va controcorrente rispetto al greenwashing. Questa tendenza fa parte di un processo di onestà in cui i marchi non diffondono i loro sforzi sulla pubblica piazza o addirittura la ignorano completamente.

© Anna Shvets

Tuttavia, sono molti i marchi che fioriscono sulle etichette: Oeko-Tex, vegano, tessuti riciclati o organici. Ma non basta per certe associazioni che a volte denunciano l’abuso di argomentazioni o sottolineano vaghe promesse, come lo scorso settembre nel Regno Unito, con il marchio di detersivi Persil che proponeva una pubblicità vietata dalle autorità britanniche perché non abbastanza chiara messaggio ambientale.

Noi consumatori cerchiamo trasparenza dalle aziende, sia nella comunicazione che nelle etichette dei prodotti, per poterci orientare in questa nebulosa di spiegazioni, sforzi e messaggi ricevuti.

Ad esempio, il marchio di fama internazionale Pantagonia gestito da Yvon Chouinard, che ha recentemente deciso di lasciare in eredità il proprio impero a un trust e a una ONG ambientalista, aveva dichiarato in una lettera aperta che non utilizza la parola “sostenibile” nella sua comunicazione perché il team sa benissimo che la moda fa parte del problema climatico e questo evita anche di farsi additare per opportunismo quando sappiamo che la produzione viene fatta all’estero come per la maggior parte delle aziende di tutti i settori.

© Louis-Maniquet

Il settore della moda non è l’unico ad essere analizzato da consumatori e organizzazioni. Ci sono anche i gruppi alberghieri, i trasporti, i prodotti quotidiani e alimentari.

Ma dobbiamo ricordare che sostenibilità è anche atemporalità con un approccio che renderà i consumatori consapevoli di conservare parti e dispositivi più a lungo di quelli della Fast Fashion per la moda, obsolescenza programmata per tecnologia o abuso di plastica nella distribuzione e nelle camere d’albergo con bottiglie di sapone.

© Mart Production

Qui sta prendendo corpo una vera e propria sfida per il futuro in tema di responsabilità ambientale d’impresa.

Jean De La Fontaine ha scritto nella sua favola “L’orso e l’amante del giardino”: “È bene parlare ed è meglio tacere” e continua dicendo: “Ma entrambi sono cattivi quando sono indignati”. Sottolineando qui una giusta via di mezzo da trovare nella comunicazione aziendale per non esagerare pur condividendo gli sforzi sostenibili compiuti. 

Thomas Durin