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Cenere e lava: nell’intimità dei vulcani

A volte hanno la gentilezza di farci osservare i loro capricci. Dalle Molucche a Vanuatu, avvicinarsi ai loro sconvolgimenti, ascoltare il loro respiro e sentire il loro respiro è un’esperienza indimenticabile.

Un vulcano vale. Lo spettacolo della natura spesso si dà solo dopo ore di volo, in barca o in canoa, tanto tempo passato su strade, poi piste che mettono a dura prova la meccanica, per finire con una giornata di camminate in montagna.avvicinamento in terreni difficili su pendii spesso ripidi. Ma il gioco vale la candela per chi non ha paura! Nelle Molucche, il Dukono ha giocato con i nostri nervi. Dopo una scalata frontale per “vedere il rosso”, siamo dovuti scendere in fretta, a causa di un temporale scoppiato sulla cima. Bagnati fino alle ossa, pur disponendo di una buona attrezzatura, siamo partiti all’alba per ammirare con i nostri occhi sbarrati il ​​festival di esplosioni che sentivamo e percepivamo nelle viscere fin dal giorno prima. Con la testa sopra il cratere, il volto di un minatore coperto di cenere, tutti sorridenti mentre le nuvole si alzano verso di noi come funghi atomici, saremmo potuti morire lì, beati. La stessa estasi ci aspettava a Vanuatu. Sull’isola di Tanna, gli zampillii dello Yasur erano un tempestivo spettacolo di fuochi d’artificio che separavano solo pochi minuti dall’eruttazione del mangiafuoco, le cui bombe osserviamo attentamente nel cielo. Dall’isola di Ambrym, i laghi di lava di Bembow e Marum sono stati incisi con un ferro caldo nelle nostre retine. Come insetti posati sulle rocce che sovrastano questi mostruosi crateri, abbiamo trattenuto il respiro davanti al loro gorgogliare, in un odore di zolfo portato dai venti. L’offerta protettiva nella foresta vergine ci era stata favorevole. Perché per poter vedere la terra dal vivo, bisogna rispettarla. Queste esperienze vulcaniche sono state anche avventure umane e non dimenticheremo mai i momenti di condivisione con le persone che vivono ai piedi di questi magnifici mostri.

Grazie a Guy de Saint-Cyr, mio ​​complice, senza il quale non sarebbe successo niente.

Sophie Reyssat