“Cos’è la pittura? Immerge il divino nella percettibilità, è l’occhio – vede i tempi, è pensiero astratto e fa concepire mondi e intermondi”. Markus Luperz 1
Due anni fa, nella rotonda del Musée Guimet (Museo Nazionale d’Arte Asiatica Guimet, Parigi), Min Jung-Yeon ci ha condotto nelle profondità insondabili di una foresta oscura intessuta di tronchi di betulla aggrovigliati con tubi di rame ricoperti di piume bianche… Sul percorso di riconciliazione. Adornato di specchi destinati a “rompere i punti di riferimento”, questo fantastico paesaggio immersivo che gioca con la confusione delle nostre visioni sembrava doverci far perdere per permetterci di ritrovarci meglio nel labirinto della nostra memoria, delle nostre paure e dei nostri desideri. “Parte integrante dell’opera”, il visitatore, circolando nell’installazione, “[partecipa] alla riconciliazione”, vale a dire, secondo l’artista di origine coreana nutrita della tradizionale filosofia asiatica, all'”accettazione di differenza e opposti” e dei suoi traumi.
Tornati spettatori di fronte ai suoi nuovi quadri onirici, siamo tuttavia chiamati a “sognare nei suoi sogni” ea scivolare nelle sue “terre interiori” che lei raffigura nei suoi strani paesaggi fluttuanti. Terre di sogno, mondi silenziosi, sospesi, Désert, Mirage… le sue grandi tele, a volte disposte in un dittico, ci conducono nel regno dell’indeterminazione – evocando, a volte paesaggi intergalattici, a volte caos organici, a volte deserti disseminati di rocce in levitazione di Yves Tanguy.
Come nella meccanica quantistica, di cui l’artista è appassionata, tutto sembra essere e non essere. Le forme, come colte in un continuum di forze antagoniste, sembrano insieme reali e illusorie, come sospese nel loro futuro, nel loro potenziale di esistenza e metamorfosi…
Qui, una Table éphémère ammantata di bianco e circondata da relitti rocciosi che emergono da una strana nebbia grigia, sembra invitarci a contemplare questa “infinità di tutti gli stati possibili”2, mentre La Pluie douce, cadendo in un ruscello ectoplasmico sulle terre aride e deserte, sembra declinarle, dallo stato cartilagineo allo stato nebuloso. Quanto alla sfilata di scogliere ossute del grande Silence attraversate da uno strascico rosa antico simile a una tovaglia cosmica, sarebbe l’immagine del “principio di incertezza” e di impermanenza, tradotta in un incessante fluttuare di apparizioni e sparizioni, la base della fisica quantistica?
Come l’incredibile concrezione corallina che emerge da un mare lattiginoso su sfondo azzurro intitolato Désert désirant, eccoci aperti a tutte le possibilità, ai confini del reale e dell’irreale, o più precisamente, usando le parole di Ghislaine Rios, dottore in astrofisica2, di fronte a “una ‘Realtà’ che non cessa di oscillare dal reale al virtuale e dal virtuale al reale”.
2. Citazioni tratte da Les Bosons de l’art, Ghislaine Rios e Clément Borderie, 2020
Mostra Min Jung-Yeon – Désert plein – soif, sommeil, silence
Fino al 11 marzo
Al Centre Culturel Coréen
20, rue de la Boétie, Parigi VIII
1 Mostra Markus Luperzt
Fino al 28 gennaio
Presso la Galerie Suzanne Tarasiève
10, rue Pastourelle, Parigi III
Min Jung-Yeon, « Mais le paysage est toujours là »
Dal 11 marzo al 4 giugno
Presso la Galerie Maria Lund
48, rue de Turenne, Parigi III
Stéphanie Dulout